identita’ & Radici

Charles Senard, Caluire-et-Cuire, Francia
Artista residente: Justine Verneret

L’atelier si è svolto presso la scuola secondaria Charles Senard a Caluire-et-Cuire ogni giovedì per un’ora, per la durata di tre mesi, con un gruppo composto da dodici alunni di primo e secondo anno, e quattro alunni dell’Unité Pédagogique d’Intégration – giovani adolescenti portatori di handicap come l’autismo.

La fotografa ha affrontato con i giovani alunni la tematica “Identità & Radici”, attraverso le tecniche dell’autoritratto e del ritratto in fotografia.
Nel perseguire l’obiettivo di riappropriarsi di un’immagine gratificante di sé, il mezzo artistico diviene un prezioso alleato per gli alunni, una sorta di altro se-stesso.

Cercare la propria verità, il proprio punto di vista attraverso nozioni tecniche come l’inquadratura, i colori, il giusto equilibrio dei volumi, concepire la forma, lo spazio e i pattern all’interno di una cornice, facilitano la ricerca del senso.

Artista-intervenente ma anche mediatore: il fotografo ha il dovere di essere vigile e delicato affrontando tematiche così complesse come il ritratto e l’autoritratto.

Affrontare con dei bambini o degli adolescenti in piena costruzione della propria identità, questioni estetiche e che trattano i temi di affetto e psicologia, che toccano l’essere, l’apparire, l’intimità, lo sguardo che rivolgiamo su noi stessi e sugli altri, rimane un compito estremamente difficile. L’artista ricopre il ruolo di mediatore muovendosi su di un terreno spesso scivoloso.

La sfida consiste quindi nel trovare una giusta distanza, nel garantire rispetto tra il relatore-mediatore e l’alunno-partecipante.

« Creare da soli un’immagine del proprio mondo, il mondo quotidiano così come il mondo interiore. La fotografia è un’opportunità per tal fine. »

Alain Kerlan, La photographie comme lien social (La fotografia come legame sociale). Collezione « Pôle photo » 2008. P. 18

« Chi sono io? Chi vedo nello specchio oggi? Come mi vedono gli altri? Chi vedrò nello specchio domani? Chi diventerò? »

Citazione di un alunno del primo anno

L’obiettivo della macchina fotografica nasconde, protegge, resiste e crea suo malgrado una mediazione, ma garantisce anche una transizione, una distanza, un filo che permette di meglio cogliere il reale o la sua irrealtà, per avvicinarsi, riconoscere, toccare e forse comprendere al meglio gli altri, noi stessi ed il mondo.

La fotografia mi sembra essere un mezzo molto appropriato per i giovani d’oggi, alla ricerca di senso e di identità. Farne propria la pratica, conferisce talvolta fiducia in se stessi tramite un’azione, un “poter agire”. L’atto di fotografare diventa allora la trasmissione delicata di un messaggio interiore, e crea la possibilità di raccontarsi in maniera diversa: un “poter dire”.

All’interno dello spazio scolastico, divenuto un luogo di mediazione e di creazione, il laboratorio di fotografia ha riunito, ha creato delle nuove amicizie tra coetanei, che altrimenti non avrebbero potuto esistere così naturalmente. Il programma ha costruito un nuovo vivere insieme, con codici reinventati e con il proprio sistema di relazioni tra le mura stesse della scuola.

Questo laboratorio è stato un mezzo privilegiato di sviluppare le capacità di espressione, di sensibilizzazione all’immagine e di socializzazione; gli alunni hanno potuto, in questo modo, rivalutare un’immagine di sé imperfetta ed incompiuta, e sviluppare altresì una spinta alla creazione e all’apprendimento dell’arte della fotografia.

Questa avventura ha anche dato luogo ad un’esposizione ed alla pubblicazione di una raccolta delle opere fotografiche degli alunni.

L’estensione del lavoro fotografico fino alla realizzazione di un’esposizione è fondamentale nel processo di consapevolezza. Si tratta di un modo di radicare nello spazio sociale la narrazione che gli alunni hanno realizzato grazie all’atto fotografico.

Alain Kerlan scrisse a tal proposito:

« La fotografia e la sua esposizione sono all’incrocio tra le capacità di base che ogni essere umano si attribuisce, e l’interpellanza dell’altro, del ricorso all’altro, l’unico in grado di concedere una dimensione a questa certezza personale, una posizione sociale. Come sottolineato da Paul Ricoeur, la sfida comune ai due poli di questo dualismo è l’identità personale. »

Alain Kerlan, La photographie comme lien social (La fotografia come legame sociale). Collezione « Pôle photo » 2008. P. 18